A sciare in Piaggio Ciao

Da Verona alle Dolomiti con tre Piaggio Ciao, portandosi tutto l’occorrente per fare scialpinismo e dormire nella neve. Questa è l’avventura che io, Matteo e Filippo ci siamo proposti di fare, e non senza qualche intoppo, abbiamo portato a termine.

L’idea

L’idea, come succede molto spesso, mi è venuta probabilmente sul divano o durante una doccia, dopo che mio fratello Matteo ha portato a casa un Ciao a pezzi, da sistemare. “Sarebbe figo farci un viaggio, no? Magari una settimana in Croazia quest’estate, ci prendiamo tutti i butei un Ciao e facciamo un bel giro.” “Ok, ma manca un tot di tempo…”. 

Era vero: a novembre, con tutto l’entusiasmo che solo i progetti un po’ pazzi possono dare, pensare all’estate successiva pareva quasi di abortire questo sogno prima ancora della sua nascita, da tanto sembrava lontano.


“Ma secondo te è legale attaccare degli sci su un Ciao?” me ne esco, già convinto che in ogni caso avremmo trovato un modo per farlo. Queste facezie si sistemeranno in seguito, ed è subito ora di fare qualche chiamata. Mio fratello sarà obbligatoriamente parte fondamentale del team: in quanto ingegnere del veicolo, in questo caso sarà il nostro meccanico. Chiamo subito il terzo membro, sperando che sia anche l’unica chiamata che dovrò fare. Filippo è un videomaker con cui collaboro spesso, e assecondandomi talvolta nelle mie idee un po’ pazze, ripongo buone speranze nella sua partecipazione. 

Io sono fotografo, ed essere in almeno due professionisti è essenziale per la sopravvivenza di questi progetti: infatti per continuare a farli, collaboriamo con brand e aziende che ci supportano in cambio di contenuti professionali.

Filippo, detto anche “lo sheck”, è come al solito titubante. All’idea di fare tre giorni a ghiacciarsi in sella a una bici con motore di potenza dubbia, probabilmente non è subito entusiasta. Non lo sa ancora neanche lui, ma abbiamo appena confermato il terzo membro.

Mentre contratto con i brand per supportare questa missione, Matty costruisce: abbiamo i tre Ciao, ma quasi tutti sono in condizioni pietose.

Ne abbiamo recuperati ovviamente tre: il Ciano, il più vecchio, un Ciao azzurro prima serie del 1968, l’Ammiraglio, mezzo del 71’ che vanta un lussurioso manubrio a corna di bue, tipico del modello di Ciao “Super comfort”. L’ultimo è il Gallo, un Ciao PX chiamato in questo modo perché ha passato l’interità della sua vita abbandonato in un pollaio.  Da notare che il Ciano è l’unico a variatore, mentre gli altri sono a puleggia: in parole povere è come avere una bici con i cambi e due no, che faranno sicuramente molta più fatica a salire sulle Dolomiti.

Il tempo è poco sia per rendere i mezzi funzionanti prima di dicembre, sia per convincere qualche brand a credere in questa pazzia, ma contro ogni aspettativa Caberg, Blizzard-Tecnica, Ferrino e Real Turmat confidano in noi e questi pezzi di ferraglia: ormai non ci si tira più indietro. 

Ci sono diversi problemi, soprattutto come inserire tutto quel carico in tre Ciao. L’obiettivo è fare scialpinismo e dormire in truna (un bivacco nella neve), quindi occorre impacchettare scarponi, sacchi a pelo pesanti, materassini, cibo e molto altro. L’unica soluzione è utilizzare le taniche più grandi che troviamo come borsoni da bici, e attaccare tutto il resto su manubrio e portapacchi, mentre gli sci saranno messi in modo trasversale.

Durante le ultime preparazioni decido di iniziare a fare qualche video sui social. Io sono sempre stato una persona abbastanza timida su queste cose, non avendo molto piacere a mostrare la faccia ad esempio facendo i classici video sui social. Ormai collaborare con i brand come fotografo e fare avventure è diventata la mia comfort zone, non è che forse è questa la mia nuova challenge?

O muori da fotografo, o vivi abbastanza a lungo da diventare un content creator.

Faccio un paio di video, che all’algoritmo interessano qualcosina, ma nulla di eclatante. Tutto cambia la sera prima della partenza con un video che riassume perfettamente questa esperienza. Cita “400km per andare a sciare in Piaggio Ciao, partenza domani”. Il video, in cui faccio vedere il setup dei nostri Ciao, va decisamente virale per un profilo con pressoché zero follower, totalizzando qualche milione di visualizzazioni e centinaia di commenti.

Il viaggio

Il 27 dicembre partiamo, all’insegna della descrizione del video postato la sera prima (che riprende una famosa citazione di Shackleton):

“Cercasi uomini per viaggio rischioso. Paga bassa, freddo glaciale, lunghe ore in sella a un mezzo che si muove per miracolo. Incolumità e ritorno incerti. Onore e gloria in caso di successo.”

Il primo giorno troviamo effettivamente un freddo pungente in Val d’Adige, che anche a 40km/h entra in ogni fessura. Facciamo un bel po’ di chilometri, con pausa pranzo a Trento, pronti per la salita di Cavalese. Notiamo intanto che moltissimi curiosi si fermano per salutarci, e anzi con nostra sorpresa tantissimi ci riconoscono. “Ma siete quelli del motore di riserva?” chiedono in molti, dopo aver visto il video sui social in cui facevamo vedere un motore di scorta che Matty aveva deciso di fissare sul Ciano. 

La salita di Cavalese inizia già dai primi metri a essere un problema: il Fil non riesce minimamente a salire, in sella al Gallo. Allora mettendo il Fil sul Ciao a variatore per bilanciare i pesi, e pedalando forsennatamente, iniziamo a salire. Arriviamo stremati alla casa che ci avrebbe ospitati per la prima notte a Cavalese.

Il giorno dopo inizia la vera missione: la neve è poca ma le salite iniziano a essere più pendenti e frequenti. Vogliamo raggiungere passo Valles, ma i mezzi sono di altro avviso, iniziando a surriscaldarsi persino a quelle temperature e fondendo le bandine laterali, che siamo costretti a togliere. Con delle pause per farli riposare saliamo molto lentamente e faticosamente verso la meta.

Intanto la situazione è diventata assurda: un’auto su due ci fa le foto mentre passa, con persino gente che si sbraccia dal finestrino urlando “ti seguo su Tiktok”. Con il tifo delle persone, che hanno avuto la più intelligente idea di recarsi sulle piste all’interno di una normale automobile, spingiamo fino al passo, dove finalmente possiamo mettere gli sci.

Dire che abbiamo fatto scialpinismo sarebbe un’insulto, data la poca neve presente in montagna in quel periodo, ma prendiamo comunque un po’ di metri dislivello per poi costruire il nostro bivacco, che consisterà semplicemente di un telo appoggiato a terra con sopra i materassini. La stellata è super, e assistiamo persino a un lancio di satelliti Starlink in diretta, un piccolo bruco nel cielo che si separa in parti sempre più lontane.

L’ultimo giorno è arrivato, ed è anche il più temuto. Siamo infreddoliti e stanchi, e quasi duecento chilometri separano noi da una doccia calda. La parte più difficile è sopravvivere alle varie discese tra il passo e Cavalese, che alla mattina rendono la strada scivolosa. Inoltre il mio Ciao se rallento troppo si spegne, costringendomi a pedalare come un disperato per ripartire. Arriviamo a Cavalese poco prima dell’ora di pranzo, già belli provati. E qui inizia l’ultima e più grande fatica, la discesa di Cavalese, dove troviamo la maggior parte dei nostri fan, ma soprattutto la lunghissima tratta in Val d’Adige. Percorriamo quest’ultima dritta filata, con un solo obiettivo: tornare a casa, possibilmente vivi. Ci fermiamo solo per prendere una focaccia al Despar e arriviamo distrutti per le dieci di sera. 

Come tutte le avventure, a una certa arriva il momento in cui ciò che desideri di più sia essere al calduccio di casa, ma una volta arrivato, sei già a pensare alla prossima.

Il successo mediatico

Il progetto ha avuto un successo enorme sui social media, con milioni di visualizzazioni su diversi video, portando il mio profilo da 1000 a 15.000 iscritti in meno di una settimana. Da questa visibilità il progetto ha catturato l’interesse anche di testate giornalistiche come L’Arena, Il Dolomiti e La Voce del Trentino, oltre che di magazine come Moto.it. Sono presenti anche alcune interviste televisive.

Questo testimonia come in questo periodo, in cui online siamo sempre di più un sommersi di contenuti simili, un’avventura genuina tra amici, raccontata per come è stata in realtà, senza bisogno di trovare escamotage o ingigantire la cosa, risulta comunque molto interessante.

Un ringraziamento oltre ai miei super compagni va anche ai brand che ci hanno supportato Caberg, Ferrino, Blizzard-Tecnica e Real Turmat. Dopo aver lavorato anni nel settore, posso confermare che non è facile trovare persone all’interno di grandi aziende, che riescono a riconoscere il valore di progetti non convenzionali, di una necessità di una comunicazione sempre più genuina e a misura d’uomo, non di intelligenza artificiale o di set costruiti e fini a sé stessi. Io credo che nei prossimi anni quello che farà la differenza per le aziende a livello comunicativo, sarà portarsi a un livello più umano e meno costruito, che talvolta può anche essere associarsi a persone comuni che vivono un’avventura tra amici.

La prossima avventura

Wow, complimenti per essere arrivato fino in fondo, sono contento che ci sia almeno una persona che ha avuto piacere a leggere interamente questo articolo!

A maggio 2025 partirà un’altra avventura in Ciao, perché finalmente il bel tempo sta arrivando. Sarà un viaggio pazzo, in Italia, con la probabile partecipazione di brand che neanche io poco tempo fa avrei immaginato, per creare un’esperienza unica nel suo genere.

Anche se sono sicuro che sarò di nuovo strapieno di commenti “questo non è nulla, ai miei tempi…”. A presto ;)


P.S. Abbiamo chiamato una carabiniere, era inaspettatamente tutto legale!

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